Si è concluso domenica con la processione dei ceri il giugno antoniano. Invito alla pace del Vescovo Vito al rientro della statua

È stata una grande festa quella vissuta a Rieti in occasione del momento culminante del Giugno Antoniano Reatino. Attiva già dalle prime ore del mattino con gli infioratori all’opera sulle strade e il chiostro di Sant’Agostino animato dalla tradizionale colazione a base di cioccolato caldo e biscotti, la città ha vissuto come un crescendo spirituale l’attesa per la Processione dei Ceri. Tutto si è svolto secondo il programma previsto, con il pontificale presieduto dal vescovo in tarda mattinata e la statua del santo portata fuori dalla basilica di Sant’Agostino sul far della sera. La grande la partecipazione testimonia ancora una volta la radicata devozione antoniana dei reatini.

Al rientro della processione il vescovo Vito si è rivolto alla città riunita sul sagrato di S. Agostino guardando alla figura di Antonio come testimone di pace ed esortando a riflettere su come il santo abbia affrontato i conflitti del suo tempo, diventando mediatore e difensore di pace anche contro la violenza domestica e i femminicidi.

Oggi, di fronte ai conflitti internazionali in Sudan, Ucraina, Myanmar, Palestina e Israele, emerge in modo speciale l’importanza di seguire l’esempio di Sant’Antonio, anche tenendo insieme il filo della memoria. A tal proposito mons. Piccinonna ha portato lo sguardo sull’80° anniversario dei bombardamenti che devastarono il quartiere Borgo, onorando le vittime e sottolineando la necessità di mantenere viva la consapevolezza storica.

Viviamo in un’epoca segnata da una crisi antropologica ed etica, caratterizzata da una visibile mancanza di responsabilità, apatia e indifferenza. Il vescovo ha lanciato un appello alla comunità affinché prenda coscienza e si impegni, tanto individualmente quanto collettivamente, per diventare strumento di pace, partendo dalle relazioni interpersonali e dalla vita quotidiana.

Don Vito ha riservato una critica pungente alla crescente spesa militare mondiale, che nel 2023 ha raggiunto il record storico di 2443 miliardi di dollari, sottolineando come queste risorse potrebbero essere meglio impiegate nella creazione di posti di lavoro, nell’eliminazione della fame, e in un sistema sanitario più solido e accessibile. Parole che portano a riflettere su quale mondo stiamo lasciando alle future generazioni e su quale tipo di pace vogliamo costruire per loro.

L’esortazione alla comunità del vescovo è chiaro: «è tempo di costruire ponti, non muri», di promuovere la pace a tutti i livelli, a partire dalle nostre case. E in questa prospettiva è fondamentale il ruolo degli “artigiani della pace”, di quanti, con gesti quotidiani e concreti, possono fare la differenza. La responsabilità non è solo degli “architetti” della società, ossia le istituzioni: ciascun cittadino che deve sentirsi coinvolto nel promuovere il dialogo tra culture e generazioni, mantenendo uno sguardo particolare verso i più fragili.

Ci si riflette poco, ma questa è la vera anima della festa del Giugno Antoniano: un augurio di pace per la città, per i territori e per i devoti al santo, con un pensiero speciale rivolto ai più piccoli e alle future generazioni. Solo con un impegno quotidiano e condiviso si rende vero onore a sant’Antonio e si può costruire un mondo più giusto. Con la festa che si avviava a conclusione, colorata dai bagliori dei fuochi d’artificio, il messaggio del vescovo ha lasciato nei cuori l’invito urgente a diventare tutti, nel nostro piccolo, costruttori di un futuro migliore, seguendo l’esempio di Sant’Antonio, testimone di pace.

(foto Frontiera)