Giugno antoniano, l’omelia del vescovo Vito in occasione dell’apertura dei festeggiamenti in onore del Santo
Pubblichiamo l’omelia del vescovo Vito in occasione della Celebrazione Eucaristica di apertura dei festeggiamenti per il Giugno Antoniano Reatino
Carissimi,
mentre da qualche giorno pensavo a questa celebrazione in onore del nostro Santo e meditavo sui brani della Sacra Scrittura proposti, rileggevo alcune notizie agiografiche e la mia attenzione è caduta, prima in maniera superficiale poi più curiosa, su questa annotazione:
Antonio è invocato spesso per ritrovare le cose perdute…
Mi è parsa una annotazione molto marginale ma pian piano ha destato in me interesse e vorrei che diventasse motivo di preghiera, di ricerca, di spiritualità per tutti quanti noi, a partire da oggi e magari anche oltre il Giugno antoniano…
Le cose perdute…
E per evitare di perdermi in troppe cose voglio farmi ispirare da quei tre segni più caratteristici che accompagnano quasi sempre le raffigurazioni del Santo di Padova:
- il Libro dei Vangeli,
- il Giglio,
- il Bambino.
Il Libro dei Vangeli.
Abbiamo perso le parole. Sembriamo divorati dalle parole nostre e degli altri, a tutti i livelli sembra che dobbiamo forzare le parole sottraendole anche dalla loro veridicità pur di spuntarla sugli altri, di vendere notizie, di accattivarci le simpatie di alcuni, magari denigrando altri. Pronunciamo parole che non parlano più. Facciamo chiasso ma non comunichiamo, “diciamo” ma senza il desiderio di relazione. Ci interessa poco chi ci sta di fronte e ciò che sta vivendo perché pare che basti dire ciò che si sente di dire. Non vogliamo comprometterci e scegliamo uno smile o un emoticon con la nostra messaggistica. Anche perché andiamo di corsa.
Antonio, invece, ha trovato le parole più vere per la sua vita e per quella degli altri nel Libro dei Vangeli. La Parola di Dio come per gli antichi profeti gli è venuta incontro come forza di luce, con la potenza di un seme, come la grazia di un incontro. L’ha divorata quella Parola e da essa si è lasciato divorare ed è diventato lui stesso una pagina stupenda e vivente del Vangelo tanto da predicarlo anzitutto con l’eloquenza della vita, prima che con i suoi Sermoni e le sue predicazioni che lasciavano tutti estasiati.
Il Giglio. Le virtù.
Abbiamo perso in umanità. Ciò che è virtù e merita lode non ci seduce più di tanto. Ci sembrano cose di altri tempi. Ormai le leggi vengono dettate dal mercato e dalla tecnica e tutto e tutti siamo sacrificatori e sacrificati sugli altari laici dinanzi ai quali si brucia incenso sbiadendo la nostra autentica immagine e somiglianza col Creatore. I vizi sembrano più accattivanti e danno il senso di una libertà viva eppure così non è…
Non ci sono paradisi artificiali. Non ci sono scorciatoie. La coscienza va ascoltata giacchè è il primo sacrario attraverso cui Dio ci parla. Educarci al bene da compiere e al male da evitare è una lezione da riprendere con coraggio.
Antonio dinanzi anche a scelte già forti si è lasciato provocare dal martirio dei primi cinque missionari francescani che provenivano dal Marocco a Coimbra e scelse come regola di vita, senza annacquarla, la stessa di Francesco, suo padre e maestro, senza volerla imporre anche agli altri frati. Non importava se dinanzi ad una assemblea o nella penombra di una cucina Egli ha vissuto la sua vita sotto lo sguardo di Colui che è il Bene, il Sommo Bene, tutto il Bene.
Il Bambino, il piccolo Gesù.
Abbiamo perso Gesù. Preferiamo un cristianesimo confortevole e accomodante, relegato nei tempi e nei modi che ci vanno più a genio. Abbiamo provato a spegnere la forza rivoluzionaria del cristianesimo addomesticandolo. Le parole del Vangelo: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo le abbiamo ammansite. Sicchè Antonio sarebbe andato fino in cima al mondo per additare Gesù come l’Amore della sua vita, l’alfa e l’omega della sua esistenza noi invece abbiamo relegato il tutto in una faccenda privata con qualche inserzione pubblica che poi non ci compromette più di tanto. Poco più che un galateo…
Antonio, aiutaci a ritrovare l’umanità bellissima di Dio che risplende in Gesù, nell’uomo-Gesù, specie nella Sua benedetta povertà che tu, come San Francesco, tuo modello e maestro, hai contemplato soprattutto nella Natività e nel Crocifisso. Non farci rassegnare ad un cristianesimo senza Gesù. Ma facci anche attenti ai più piccoli e ai poveri, dietro i quali Gesù continua a vivere e a sperare. Sei stato un patrono per loro. Dona anche a noi di non limitarci a fare elemosina. Se ai tuoi tempi nel contesto della rinascita delle città e col fiorire del commercio cresceva il numero di persone insensibili alle necessità dei poveri e tu ti sei mosso a pietà per loro persino condannando apertamente la piaga dell’usura, non permettere che in tempi di crisi come i nostri induriamo il cuore e ci richiudiamo ciascuno nel proprio “nido” incuranti di ciò che accade sullo stesso pianerottolo, nella nostra stessa città come pure liddove-con la guerra-si continua ormai senza sosta e senza vergogna a mostrare le versioni più aggiornate e aberranti dell’homo homini lupus. Quel Bambino ci riconcili col futuro, con le nuove generazioni, ci rinconsegni la vocazione di operatori di pace e ci faccia accogliere il faticoso ma necessario compito della cura, dell’educazione e della formazione umana anzitutto.
Mi fermo qui caro S. Antonio. Non vorrei abusare della tua intercessione ma come vedi ne abbiamo perdute di cose importanti! Donaci il coraggio di ammetterlo e di imparare a cercarle sempre di nuovo, innamorandoci della verità e del bene da vivere con carità. Tu non ti sei accontentato. Né la carriera ecclesiastica e universitaria né i carismi che sapevi di aver ricevuto dal Cielo ti hanno messo a riparo da quella ricerca diuturna di “fare il Vangelo” sine glossa, come il tuo maestro.
Abbiamo bisogno della tua intercessione. Non farci accontentare. Ci venga il voltastomaco per una vita vuota e scialba, per quelle corse estenuanti che da mattina a sera conduciamo come degli automi, senza accorgerci di quanti lasciamo dietro… talvolta anche le persone e gli affetti più cari.
Qualcuno ha scritto di te: “Prima di diventare santo, Antonio fu un generosissimo ma irrequieto cercatore della via verso Dio, e proprio in questa inquietudine sta il tratto di maggiore attualità della sua figura per l’uomo di oggi” (P. Pivetti, Antonio cavaliere di Dio).
Sì, caro Antonio, donaci questa inquietudine. E più che mandarci in estasi mandaci in crisi ogni qual volta la nostra vita perde ciò che conta per davvero. Aiutaci tu a ritrovare queste cose perdute…
+ Vito Piccinonna
Vescovo di Rieti